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La conferenza di Nikola Tesla da lungo attesa
venne finalmente tenuta il 3 di febbraio 1902 dinnanzi all’Associazione
degli Ingegneri Elettricisti di Londra. Sebbene i giornali a quel
tempo abbiano riportato per esteso i minimi particolari di quelle
esperienze, nessuna illustrazione può dare un’idea dei magnifici
effetti ottenuti e dell’impressione che se ne risente. “magnifico, una visione meravigliosa,
un tremendo display, glorioso, così meraviglioso, che qualcuno
potrebbe avere timore di parlarne” |
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Con infantile stupore Tesla anticipava,
con queste parole, la sorte che lo avrebbe accompagnato sino alla
fine dei suoi giorni. Troppo in anticipo sul tempo, sul suo tempo,
incurante delle regole della produzione, non devoto al potere di
chi avrebbe potuto aiutarlo. Antesignano degli esperimenti radiofonici,
nel 1898 aveva sperimentato pubblicamente una barca radiocomandata
al Madison Square Garden di New York; nell'anno successivo possedeva
una stazione trasmittente a Colorado Springs, nelle montagne rocciose;
nel 1912 gli fu proposto il Premio Nobel, che rifiutò, offeso per
non averlo ricevuto nel 1909 al posto di Guglielmo Marconi. Tesla
non si accontentava di trasmettere minute quantità di energia sotto
forma di onde radio, ma intendeva trasmettere via etere grandi quantità
di corrente da utilizzare per uso domestico o industriale. Immaginate,
insomma, l'elettricità che giunge in casa vostra senza bisogno di
fili ma raccolta da una antenna come i segnali radiofonici o televisivi. |
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Non è la genialità
di Nikola Tesla che sorprende, è il metodo con il quale
procedeva alla risoluzione di problemi scientifici complicatissimi,
è lo stupore che manifestava di fronte al risultato.
Le sue invenzioni provocavano un senso di straniamento;
la sua era una lotta contro
l’identificazione: “Osservavo
con piacere che potevo visualizzare con grande facilità. Non avevo
bisogno di nessun modello, disegno
o esperimenti. Io potevo
dipingerli tutti come reali nella mia mente. Appena uno costruisce
un’apparecchiatura per realizzare praticamente una pura idea,
si trova inevitabilmente impegnato a definire i dettagli dell'apparecchiatura
stessa. Come lui procede con i miglioramenti e la costruzione,
la sua forza di concentrazione diminuisce e rischia di perdere
di vista i principi fondamentali. Il mio metodo è diverso. Io
non mi precipito sul lavoro vero e proprio. Quando ho un’idea,
comincio per prima cosa a costruirla nella mia immaginazione.
Cambio la costruzione, opero miglioramenti e metto in funzione
l'apparecchiatura nella mia mente. E' assolutamente eguale per me sia
che faccia girare la mia turbina nel pensiero sia che la provi
nel mio laboratorio. Non c'è differenza alcuna; i risultati sono
i medesimi. In venti anni non si è verificata la minima eccezione”.
Il suo stupore non aveva nulla a che vedere
con la fascinazione, piuttosto
si riconciliava con la quotidianità trasformandola da qualcosa
di ordinario a qualcosa di straordinario. Il suo stupore,
non è mai solo pura sorpresa, ma sempre anche risposta,
ovvero “non è l'atto supremo della distrazione, ma quello dell'attenzione,
non appartiene all'ordine dell'irresponsabilità ma a quello della
responsabilità".
“Tesla non vuole lasciare
niente, lascia solo Tesla: non figli perennemente custoditi, illusoriamente
protetti ‑ ma soggetti filosofanti davvero soli ‑
cioè costretti a pensare ciascuno per sé”. |
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"Sono convinto profondamente che a qualunque specie di movimento possa attribuirsi la luce, essa è prodotta da forze elettrostatiche intensissime e vibranti con estrema rapidità. Prendo un tubo in mano e lo muovo attorno; esso si illumina in qualunque posizione io lo disponga. Attraverso lo spazio agiscono forze invisibili. Eppure un altro tubo, quantunque estremamente esausto potrebbe non illuminarsi. Lo eccito per mezzo della scarica disruttiva; lo ripongo per parecchie settimane, conserva inalterate le sue proprietà. Quale cambiamento ho prodotto nel tubo eccitandolo?" |
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con Eleonora Sedioli, Catia Gatelli, Lorenzo Bazzocchi
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suono e video Toxine |
Architetture sceniche Lorenzo Bazzocchi, Eleonora Sedioli
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Tesla
coil Lorenzo Bazzocchi
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tecnica Andrea Basti, Fabbri Mirko, Lorenzo Lopane |
organizzazione e cura Catia Gatelli
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regia Lorenzo Bazzocchi
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una
produzione masque
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con
il contributo di: Provincia di Forlì, Regione Emilia-Romagna,
Ministero per i Beni e le Attività Culturali |
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Lightning poem
Danger. High voltage! Un fulmine scocca dall’elettrodo di ottone sulle nocche metalliche del guanto. L’uomo sa che l’acciaio siliconico lo proteggerà. E’ dritto, in piedi. Lo sguardo verso l’orizzonte che minaccia tempesta. Già il tuono lo coglie. Non è impreparato. Ma ora che il suo piede cadenza un ritmo di luce viola, ce l’abbiamo fatta, dice tra sé e sé. I violet ray che attraversano l’aria sotto i suoi piedi sono mortali, ma da tempo ha indossato alte calzature foderate di piombo. Globi gialli si alternano, i relè fissano il ritmo. E’ il momento. Quando il temporale lo sovrasterà, lui, il fulmine, sarà inevitabilmente attratto dalle antenne. I solenoidi sono pronti, come legionari, per l’attacco decisivo. I puntatori capacitativi premono sulle puntinerie ed ecco il miracolo: il grosso cavo di rame si scuote, ondeggia e lascia all’aria una nube di fumo. Il calore bianco lo assale, la fusione predestinata è, lì, pronta ad accadere. Il metallo cola con scintille. Come se fosse un crogiuolo di fonderia. L’occhio non ha ancora terminato la sua corsa che il tuono rimbomba, il fulmine si riprende la sua parte. Egli non ha paura. La sua macchina, alta ben 10 piedi, lo protegge. L’arco ondeggia sul binario, arretra. Le cancellate come per incanto si spalancano e lo accolgono. Ma non è ancora scomparso che sotto di esso, attraverso esso, si fa strada un agglomerato indecifrabile: scorre leggero sui binari e porta con sé misuratori di tempo arcaico, sfere al plasma, alambicchi, un becco bunsen, alcuni spark-gap lanciatori di scintille. Ma è la figura che avanza che ci tocca. L’altro, che la sovrasta, volge l’ultimo sguardo al compagno che entra. Il buio poi lo inghiottirà. La donna si china, inarca il corpo, si lancia ed eccola prender posto. Le mani sono allungate sul tavolo rotante, di alabastro. L’inchiostro comincia la sua corsa.
Welcome, Nikola Tesla. Il temporale alle sue spalle disegna il suo stato, il luogo dell’azione. Ma lei sa, che oltre quella scena, ha il compito preciso di richiamarlo, ancora una volta. Gli spark-gap accendono l’aria di scintille, il tavolo inizia la sua folle corsa. Tutto è pronto.Ma qualcosa di inaspettato accade. Black out…..Una spirale di rame, primario elettrostatico, irradia la sua energia ed ecco dal centro del disco partire un fiotto di luce azzurrina. E quel suono, un crepitare di denti, ci assale. C’è lui, lì. Seduto, il capo chino sul libro. Il cilindro in testa. Quelle calzature paradossali. E con lui una piccola tortora. Gli unici compagni della sua vita. Lui che aveva dato la luce al nostro mondo avido, lui che, per primo aveva vinto la sfida più ardua, nuovo Prometeo con il fulmine in mano. Una pietra, scavata fino al fondo. Immobile. Le gambe compiono un leggero giro su sé stesse, la schiena si erge e come per incanto eccolo lì a darci di sé l’immagine che di lui bramiamo...La corrente di nuovo fluisce. Il tavolo riprende il suo movimento, fogli gialli, la scrittura di inchiostro nero si solleva, volteggia, si apre sul vuoto e cade. Gli occhi della donna si allontanano, una finestra si apre dietro di lei. Il motore ansima, lei è stanca. Ce l’ha fatta? Non c’è più tempo. L’isola se la porta via con sé. Una torre. La torre di Wardenclyffe cade. Ultima dimora. I palazzi colpiti crollano, si ridestano per poi nuovamente cadere. Una gabbia è lì. Enigma dentro cui lui stesso cade. Con lo sguardo rivolto alle montagne alla ricerca di un fulmine che fugge in una nuova aurora. Sapendosi già perso. Dentro la gabbia, un’altra più piccola stringe una figura. E l’occhio che appena se ne è appropriato, rimbalza sulla sinistra. Un nuovo organismo si fa strada: testa di maiale, corpo di fulmine, per torace un pistone. Alza quella testa, bestia infame, i tuoi occhi sono i miei. Poveri maialini. E dalla tempia la scintilla si lancia nell’aria, tocca l’ottone e chiude il circuito mortale. Sedia che accoglie le sue speranze dilaniate. Ma lui non l’ha voluta quella visione. Altri ingegneri ben sapevano come si cuociono le bistecche … una lampadina con passo Edison si accende. E si spegne. E’ alto pochi piedi, al centro con il dito che indica oltre. Raccoglie i due otri di piombo ed avanza. Si, proprio verso di noi. Si ferma, opera una rapida rotazione del bacino verso destra, impone uno scarto alle sue alte calzature e si siede. E’ chino, ora. Alle sue spalle il mondo si richiude, avanzano gli spettri che certamente ancora ama, ma è il bosco di Macbeth che lo sta per inghiottire. Allora lui decide. Di scatto si volta, si rialza e arretra. Il bosco si dissolve. Spark-runner. L’esile figura si fa strada, il cilindro di rame è il suo collare, al dito un ditale d’argento. La scarica disruptiva è lì, pronta per accoglierla. Lei ci sta. La sua mano prende la scintilla e se la porta via. E’ ora. Lei vuole così. Ma è lui che parla ....... sono convinto profondamente che, a qualunque specie di movimento possa attribuirsi la luce, essa è prodotta da forze elettrostatiche intensissime e vibranti con estrema rapidità. Attraverso lo spazio, agiscono forze invisibili…E quell’altro risponde. Sul binario avanza quello che non pensavamo potesse mai accadere. Ma non c’è tempo per fermarsi, i fulmini saettano e si lanciano all’inseguimento dell’uomo che si contorce. I condensatori rispondono alla terra che sembra placare il suo furore, ma è solo un attimo. Non chiudere gli occhi, ora. La gabbia sul suo alto basamento ruota su se stessa e si prende la sua rivincita: la terribile scarica la avvolge, la figura all’interno ha un sussulto. Lei sa che nulla può accaderle e lancia sull'altro un dardo mortale. E una altra piccola tortora si alza dal cilindro. L’estasi continua.
Lorenzo Bazzocchi |
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